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Autore Reservation Road
kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 26-05-2008 22:10  
Trama: Due uomini, due storie, un unico tragico destino. Ethan Learner è l'amorevole padre di due bambini, un maschio, Josh, e una femmina, Emma, felicemente sposato con una bella moglie. Dwight Arno invece ha la vita a pezzi, è divorziato senza speranza di riappacificazione (la moglie vive già con un altro uomo) e vede il figlio Lucas, appassionato di baseball e tifoso dei Red Sox, solo nei giorni assegnati dal tribunale.
Una sera, preoccupato di fare tardi nel riportare il figlio, Dwight compie un terribile anche se involontario errore di guida : investe in un aerea di servizio Josh, uscito dalla macchina per liberare delle lucciole, e lo uccide. Terrorizzato fugge senza fermarsi. Ethan a quel punto vede la sua vita infranta e giura vendetta verso chi gli ha tolto una delle sue ragioni di vita. Ma anche la vita di Dwight eroso dal rimorso non è certo migliore. Giungerà prima il castigo privato o la giustizia?

Commento: Era tanto che non si vedeva un film sulla famiglia infranta per via di una perdita più o meno grave. Negli anni ottanta, complice film di culto come L'albero del male di Friedkin, lo stesso dell'Esorcista, il filone familiare con una minaccia all'interno del nucleo o un torto da riparare era florido (uno dei meglio riusciti fu Le mani sulla culla), la gente li guardava perchè erano ambiti vicini a loro, sentimentalmente se ne sentiva coinvolta. Le situazioni, gli oggetti e le persone erano vere, le paure riconosciute come possibili in ogni vita e non solo sullo schermo. Poi questi tipi di prodotti finirono sulla molto più vacua televisione in fiction che li snaturò in varia maniera producendo purtroppo solo intrattenimenti di poco conto, e il pubblico che voleva uscire dalle paure quotidiane e dal comune (forse ne vedeva già troppe di cose simili nella realtà) li snobbò decretando la fine di un sottogenere (il thriller familiare) mai veramente riconosciuto.
Questo Reservation Road (che indica la strada "prenotata" dal destino, in questo caso crudele) fa parte di questo filone familiare, che ha pochi protagonisti di norma in quanto tutto si svolge in zone ristrette e chiuse di una periferia in cui tutti si conoscono, i figuranti soffrono all'interno di mura che sono come prigioni perchè non trovano sfogo alle loro ansie. Pochi protagonisti magari, ma in questo caso davvero attori di buon livello.
Ethan (interpretato da Joaquin Phoenix, in versione barbuta e colta) è il professore buono e comprensivo, che ha costruito una famglia perfetta, sposato con la bella Grace (Jennifer Connelly, divenuta famosa come ragazza che comandava gli insetti in Phenomena di Argento) e padre di due figli perfetti, Josh ed Emma.
Dwight (Mark Ruffalo, lo avete visto anche in Zodiac) invece è un avvocato, ha una vita difficile perchè con un divorzio alle spalle non riesce a convivere a dovere con il figlio Lucas che vede solo nei fine settimana stabiliti. Una sera Lucas e Dwight fanno tardi alla partita di baseball della squadra di cui sono tifosi, i Red Sox, e per uan disattenzione di Dwight succede un terribile incidente : viene travolto e ucciso sul colpo Josh, il figlio di Ethan.
Dwight non si ferma perchè è terrorizzato dalle conseguenze del suo gesto, fugge via lasciando Ethan e Grace nella disperazione. Ma se Grace vuole provare a ricominciare dopo la tragedia, il marito è pervaso da una terribile sete di vendetta, che si acuisce quando la polizia brancola nel buio nel trovare il colpevole.
E le cose non vanno meglio neppure per Dwight, pervaso da terribili sensi di colpa che non lo lasciano stare. Poi a complicare le cose il fatto che il destino incrocia le vite e gli accadimenti quotidiani in maniera inaspettata.
Un film attualissimo ovviamente, con un tema scottante : come punire, sempre che lo si trovi, un pirata della strada? A quanto pare la soluzione sembra arrivare direttamente dall'interno di chi ha compiuto l'atto, la vera punizione sta nel terribile senso di colpa che pervade a posteriori, che ci punisce peggio di una prigione o di un tribunale. Dove la colpa è sempiterna e non solo limitata nel numero degli anni comminati a giudizio.
Purtroppo il film, oltre a mostrarci l'impotenza della polizia di fronte a queste cose e alla voglia di farsi giustizia da soli, è miope nel disegnare il tipo di pirata della strada, lo sceglie confortevole per la sua sceneggiatura in quanto Dwight è un uomo buono e non stava correndo ubriaco in auto, ha commesso unaterribile leggerezza e poi è fuggito per paura.
Ben diversa sarebbe stata la profondità di narrazione se al suo posto ci fosse stato un personaggio visibilmete negativo, un tossico oppure un malavitoso che fuggiva dalla polizia.
In uno dei più amari film italiani, Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli, con una vicenda lontana ma parametralmente simile a questa, vediamo consumarsi una vendetta che riteniamo giusta e consapevole, siamo totalmente dalla parte del padre tanto ingiustamente colpito, vediamo e scopriamo l'eruttare del dolore, qua sembra di doverci arroccare sulla difensiva, cerchiamo in un certo senso di capire come un atto tanto spregevole e vigliacco abbia delle giustificazioni reali dato che è stato fatto in maniera inconsapevole da un uomo non disprezzabile.
Quando si guida abbiamo in mano una potenziale arma di morte, quello fatto da Dwight è solo un colpo di pistola partito per caso dopo aver tolto la sicura, doppiamente colpevole in quanto normale persona e con il figlio sull'auto. In questa sorta di accondiscendenza il film ci tradisce, ci sconsola e si perde di profondità, relega le sensazioni a uno scavo psicologico inconsistente, ci mostra il dolore sui forum dei genitori con figli morti per "Hit and run".
Alla fine una scelta di sceneggiatura (il film si basa su una novella di John Burnham Schwartz) abbastanza banale condanna il film verso la mediocrità, dopo che per tutta la sua durata comunque ci ha interessati per il tema e abbiamo vissuto il dramma esistenziale opposto di chi ora ha un terribile vuoto nella vita e di chi lo ha provocato.
Il film si muove senza particolare frenesia, tutto è molto lento, come molto pacate sono le reazioni dei due genitori orfani del figlio (che era anche un bravo musicista, un ottimo scolaro e perfettamente a suo agio in famiglia) che contengono dentro di essi il dolore, non succede moltissimo e le intersezioni della sorpresa abbastanza prevedibili.
Bisogna pensare a quanto il regista Terry George (sceneggiatore di pellicole come "In nome del padre" e "The Boxeur" e autore del drammatico Hotel Rwanda) abbia voluto fare un film di denuncia per portare alla ribalta lo spinoso problema in una versione bifacciale, oppure doveva anche darci una pellicola valida da seguire come film vero e proprio e con un certo pathos di fondo. Se l'obbiettivo era il primo, operazione riuscita, anche per la buona prova di Phoenix, anonimi Ruffalo e la Connelly, per il secondo invece siamo molto lontani e parte del pubblico rimarrà delusa pensando che in fondo una simile vicenda poteva anche essere relegata a una fiction televisiva (e di fatto avrebbe avuto più spettatori).
In definitiva un film che elabora un tema assai spinoso in maniera erronea per essere sia denunciante che interessante, avrebbe dovuto diversificare meglio le situazioni e non limitarsi a intersecare in maniera vacua e prevedibile situazioni di contiguità familiare nella sua prosecuzione dopo la buona scena del fatto portante.
Un film che comunque ci fa pensare che abbiamo mentre siamo al volante, non solo la responsabilità sui passeggeri e su di noi, ma anche per tutti gli altri, anche se estranei, sono sulla strada. E non è certo un merito da poco.

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
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Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 09-09-2008 17:56  
ma kubro scusami eh ma questo è tutto tranne che uno spot della campagna per la sicurezza stradale.
è invece una riflessione sugli strumenti del comunicare, senza certamente un decimo della brillantezza e dell'acutezza di mcluhan, portata avanti attraverso mezzi e modi abbondantemente consolidati, ma lineare e chiusa, con un finale che la rende in tutto e per tutto coerente in sè stessa, e dunque un film oggettivamente riuscito, con qualcosa in più data dalle ottime scelte di casting.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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